I Sault ritornano tra empatia e rivoluzione musicale
Dei Sault, il collettivo più misterioso degli ultimi vent’anni, ne abbiamo parlato veramente tanto (ultimamente nella seconda puntata di questa sesta stagione) anche perché di esempi così nella storia non ce ne sono stati poi troppi: ? and the Mysterians negli anni 60, i più celebri Daft Punk, gli Slipknot, i Gorillaz (di cui abbiamo parlato due puntate fa a proposito di Bobby Womack e dell’ultimo singolo di Carmy Love), The Bloody Beetroots, per fare alcuni esempi.
Ma se nei casi appena citati si parla per lo più di persone dal volto coperto, l’operazione Sault sovverte anche questo schema non essendo mai comparsi dal vivo sin dalla loro prima “apparizione” con i singoli We Are The Sun e Don’t waste my time nel 2019, mantenendo intorno al collettivo una coltre di nube spessa nella quale è possibile vedere ben poco.
Di loro si conosce soltanto il produttore principale, Dean Josiah Cover aka Inflo, già al lavoro con artisti del Pop internazionale come Adele, Micheal Kiwanuka, The Kooks o la neo vincintrice del Mercury Prize Little Simz per il disco Sometimes I Might Be Introvert.
Il collettivo Sault incuriosisce, appassiona e suscita la continua attenzione di tutti al di là della semplice propaganda del mistero
Non solo la politica (legati al movimento Black Lives Matter) ma anche l’accusa verso questo atteggiamento di continua e costante presenza sui social – e che nei casi più estremi porta a sfruttare alle volte anche soggetti inconsapevoli o incapaci di decidere (i vari casi di minori assoldati dai genitori per fargli guadagnare soldi e fama o degli animali) – a cui i Sault rispondono con la spiritualità.
C’è anche la musica
L’unico linguaggio universale che tutti riescono a comprendere con il quale i Sault comunicano alla perfezione nei dischi attraverso R&B, Afrobeat, Gospel, Funk, Pop sbilenco e agli intermezzi di spoken-word affidati agli ospiti o a chi è dentro il progetto.
Oltre ad Inflo e ai nomi di chi ha partecipato da esterno (Kiwanuka, Little Simz, Cleo Sol, Chronixx nel lungo brano Angel contenuto in X), compaiono quelli di Laureforette Josiah, la fondatrice di un ente di beneficenza per bambini nel nord di Londra, presente nel brano This Generation di Untitled (Black Is) con un intermezzo recitato e Michael Ofo, che ricorda il padre assassinato in Mike’s Story dal disco Nine.
Per ogni disco pubblicato i Sault hanno adottato strategie diverse
I due dischi Untitled (Black Is) e Untitled (Rise) – quest’ultimo selezionato per il Mercury Prize 2021 – pubblicati a pochi mesi di distanza nel 2020, Nine rimasto in download gratuito per 99 giorni e poi sparito completamente dalla rete (casualmente è entrato in classifica alla posizione 99).
Non ultima, di qualche giorno fa, è la pubblicazione di cinque dischi disponibili per cinque giorni, scaricabili gratuitamente dal loro link a cui è possibile accedere con la password “godislove”. Anche in questo caso la numerologia e la spiritualità sono protagonisti.
Ciò che colpisce di questo progetto non è tanto l’anonimato, perché non è sfruttato ai fini propagandistici, ma i messaggi che vengono veicolati attraverso la musica: l’importanza della collettività contro l’indivualismo, della spiritualità in un epoca di consumismo sfrenato, dell’uomo sulla macchina, del rispetto dei diritti umani e della necessità di un mondo equo.
Una rivoluzione non musicale ma attraverso la musica che i Sault hanno messo in atto dal 2019 e che piano piano sta acquisendo sempre più importanza e clamore.